Non tutte le persone amano aprire le porte della propria casa a familiari, amici o conoscenti. E anche se socialmente si presume che condividere il proprio spazio sia sinonimo di generosità o gentilezza, la verità è che rifiutarsi di farlo non significa necessariamente essere antisociali o maleducati. Secondo la psicologia, dietro questa preferenza ci sono tratti emotivi, di personalità e di cura di sé che meritano di essere compresi senza giudizi.
Perché gli psicologi sostengono chi non ama gli ospiti e apprezza la propria privacy

Per molte persone, la casa non è semplicemente un luogo in cui vivere, ma uno spazio di sicurezza, intimità ed equilibrio. Pertanto, coloro che preferiscono non ricevere visite hanno spesso un legame profondo con il proprio ambiente personale: è il loro rifugio, la loro zona di controllo emotivo. L’arrivo di altre persone, anche se care, può rompere questo equilibrio. Questo tipo di personalità tende ad essere introspettiva e sensibile alla sovrastimolazione. Hanno bisogno di silenzio, ordine e routine per sentirsi tranquilli. E questo non ha nulla a che vedere con il non amare gli altri, ma con il dare priorità a uno stile di vita che li fa sentire bene.
Le persone che evitano di ricevere visite a casa tendono a condividere alcune di queste caratteristiche tra loro l’elevata necessità di controllo sul proprio ambiente, godono nel sapere che tutto è al suo posto e l’ingresso di altre persone può alterare tale armonia; l’introversione o la socievolezza selettiva, ciò non significa che non godano della compagnia, ma che preferiscono scegliere con chi, quando e in quali condizioni si instaura tale legame; sensibilità emotiva o cognitiva, per coloro che elaborano gli stimoli in modo più intenso, ricevere visite può generare un sovraccarico sensoriale che poi è difficile da “digerire” e, infine, profonda valorizzazione del tempo da soli, non per egoismo, ma perché ricaricano le energie nella solitudine e trovano piacere nella propria routine, senza interruzioni.
Da un punto di vista psicologico aggiornato, non volere che altre persone entrino in casa può essere interpretato come un modo maturo di stabilire dei limiti. Si tratta di proteggere lo spazio emotivo, fisico e mentale in cui una persona si sente veramente a proprio agio. Per alcune persone, questo limite è fondamentale per mantenere in equilibrio la propria salute emotiva. È più comune di quanto sembri ed è ben lungi dall’essere un segno di freddezza o misantropia. Infatti, molte persone altamente empatiche o emotivamente coinvolte con gli altri al di fuori della propria casa hanno poi bisogno di compensare questo logorio con silenzio, solitudine e spazi senza interruzioni. La pressione sociale può far sentire molte persone in dovere di comportarsi come “padroni di casa perfetti” anche se non lo desiderano. Ma la psicologia propone di ridefinire questo atteggiamento: non si tratta di essere scontrosi, ma di riconoscere che non tutti trovano il benessere allo stesso modo. Accettare che la nostra casa sia il nostro santuario non ci rende meno socievoli o meno generosi. Ci rende consapevoli dei nostri bisogni. E imparare a comunicarli con naturalezza, senza bisogno di giustificarsi, fa parte di una vita emotiva sana. In un mondo in cui tutto invita al rumore, alla sovraesposizione e alle porte aperte, c’è anche valore nel chiudere, nel scegliere, nel proteggere. Se non ti piace ricevere visite, forse non abbiamo bisogno di cambiare… ma di capirci meglio. E questo, secondo la psicologia, è anche un modo potente per prenderci cura di noi stessi.
