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Ghosting, catfishing e gaslighting: ecco il nuovo vocabolario dell’amore nell’era digitale

Amare ai tempi dei social network non è più come vent’anni fa. Oggi le relazioni scivolano tra schermi, messaggi effimeri e notifiche che possono influenzare lo stato emotivo di una persona. Il modo in cui ci relazioniamo è cambiato: c’è più accesso, più immediatezza, ma anche più incertezza. La tecnologia ha trasformato tutto. Ed è anche vero che ogni epoca inventa il proprio vocabolario emotivo, e la nostra lo fa in inglese e con gli hashtag.

Perché sono stati coniati nuovi termini per descrivere le sofferenze sui social network

Così parole come ghosting, catfishing o gaslighting sono entrate a far parte del linguaggio quotidiano, condivise tra meme, podcast e sedute di terapia. Sono neologismi che condensano emozioni antiche in un nuovo codice digitale: la paura del rifiuto, il bisogno di approvazione e la frustrazione di fronte alla disconnessione emotiva.

Il linguaggio, come specchio del tempo, rivela qualcosa di più profondo, come è cambiato il nostro modo di relazionarci. Le nuove parole non appaiono per caso, al contrario, nascono perché abbiamo bisogno di dare un nome a ciò che non sappiamo spiegare. Così, i legami contemporanei si sono riempiti di termini che sembrano usciti da un manuale di psicologia e da un dizionario dei social network allo stesso tempo.

E anche se molti di questi comportamenti sono sempre esistiti, oggi vengono amplificati, discussi e analizzati sotto la lente d’ingrandimento dell’amore digitale. Il disamore non si piange più in silenzio: diventa un thread su X o un video virale. Il linguaggio è diventato uno strumento di autodifesa e anche di comprensione collettiva.

Amare in tempi di connessione permanente

I social network e le app di incontri hanno profondamente modificato il modo in cui ci relazioniamo. Per la psicologa Lourdes Florencia Bellera (M.P. 62834), “dal punto di vista positivo, offrono accessibilità e comodità, soprattutto per le persone con pochi legami sociali o con insicurezze riguardo a se stesse. Consentono anche di conoscere altre persone al di fuori del proprio ambiente abituale, ampliando le possibilità di connessione”.

Tuttavia, quella stessa comodità può trasformarsi in ansia. “Dal punto di vista emotivo, i social network possono accorciare le distanze e offrire una maggiore sicurezza nella comunicazione. Tuttavia, generano anche alti livelli di ansia: l’attesa di una risposta, la paura che l’altro scompaia o l’incertezza sulle intenzioni sono esperienze molto frequenti”, spiega la professionista.

Oggi, in un mercato affettivo più ampio che mai, si moltiplicano le opportunità di conoscere persone, ma anche i rifiuti via chat. L’abbondanza di opzioni non sempre si traduce in legami più sani: spesso, maggiore è l’offerta, maggiore è la confusione emotiva. L’immediatezza e lo scarto sono diventati parte del gioco.

Il grande problema è che il bisogno di risposte rapide ci ha viziato. “L’attesa, il dubbio o la frustrazione possono portarci a rimuginare se abbiamo fatto qualcosa di sbagliato”, afferma Bellera, e assicura che questo può “suscitare ansia, paura del rifiuto e altre emozioni intense. La ricerca di approvazione sociale, la bassa autostima e l’ansia favoriscono la sovraesposizione”.

Il nuovo linguaggio dell’amore digitale

Ma al di là degli schermi, ciò che è davvero cambiato è il modo in cui nominiamo le emozioni. Negli anni ’80, gli adolescenti “rompevano” o “si lasciavano”. Negli anni ’90 è arrivata l’era del “chamuyo” e degli amori “platonici” nati al telefono o all’angolo della scuola. Così nascono parole come ghosting, catfishing o gaslighting, termini che riassumono con precisione emozioni antiche.

Il ghosting, ad esempio, è scomparire senza spiegazioni, cancellare l’altro dalla conversazione come se non fosse mai esistito. Il suo cugino più sofisticato, l’haunting, consiste nel rimanere presente attraverso i social network, guardando le storie, lasciando tracce minime, ricordando che si è ancora lì. Il gaslighting, invece, fa un passo più oscuro: manipolare la percezione dell’altro fino a farlo dubitare della propria realtà.

Questi termini non descrivono solo comportamenti: funzionano come specchi di un’epoca in cui l’amore si vive tra schermi e l’intimità diventa pubblica. Dietro ogni parola c’è una ferita emotiva condivisa e anche un bisogno di comprensione collettiva. Nel nominarli, non solo segnaliamo dei comportamenti, ma cerchiamo anche di capirci.

I meccanismi psicologici alla base dei nuovi legami

Le nuove generazioni, dice Bellera, “propongono forme di legame diverse, più consapevoli e sane”, anche se chiarisce che “molti comportamenti esistevano già, ma oggi sono visibili e discussi”.

Riguardo ai comportamenti più frequenti, la specialista distingue: “Sia il ghosting che il gaslighting possono derivare da insicurezze, scarsa o nessuna empatia o modelli relazionali disfunzionali appresi in precedenza”.

Le conseguenze, chiarisce, sono reali e profonde: “Il ghosting può generare confusione, senso di colpa e una ferita narcisistica. È considerato violenza emotiva perché causa danno lasciando l’altra persona nell’incertezza, nella confusione e con sentimenti di rifiuto e abbandono. Nel gaslighting l’abuso influisce sulla percezione della realtà, sulla fiducia in se stessi e sull’autostima”.

Per quanto riguarda il catfishing, Bellera sottolinea che “può andare da un intento manipolatorio al bisogno di nascondere insicurezze o di vivere una fantasia che allontani la persona dal proprio malessere”. E aggiunge un esempio rivelatore: “Ci sono persone che creano profili falsi fingendo di essere single quando in realtà hanno un partner, ma mantengono un legame che non possono interrompere. Alimentano una fantasia conoscendo un’altra persona, con la quale probabilmente non concretizzeranno nulla, ma che permette loro di sentirsi accompagnati finché dura quell’illusione”.

Ricostruire la fiducia dopo l’inganno digitale

Le ferite lasciate da queste esperienze sono spesso difficili da elaborare senza aiuto. “Si tratta spesso di legami traumatici, per cui l’accompagnamento terapeutico è spesso necessario”, sostiene Bellera, e aggiunge: “È importante convalidare ciò che proviamo senza minimizzarne l’impatto, parlarne e dedicargli il tempo necessario per guarire. È anche importante lavorare sull’autostima, sui limiti, sulla comunicazione e sulla percezione di sé. Con il tempo, recuperiamo la fiducia, rafforziamo l’autostima e rivediamo le convinzioni che l’esperienza ha lasciato”.

Non è sempre necessario continuare a chiedersi “perché” un’esperienza affettiva sia finita in modo doloroso. Secondo la specialista, può essere più utile osservare come ci ha fatto sentire e quali sono gli aspetti da tenere in considerazione in futuro. In molti casi, non tutte le domande hanno una risposta e la responsabilità di ciò che è accaduto non ricade completamente su chi lo ha vissuto.

In questo contesto, l’educazione emotiva emerge come un elemento chiave per le relazioni negli ambienti digitali. Riconoscere ed esprimere le emozioni, comunicare con empatia e stabilire dei limiti sono strumenti che aiutano a interpretare i legami virtuali in modo più consapevole, in un contesto in cui i social network tendono ad amplificare ogni interazione e ogni sensazione.

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